domenica - 22 Dicembre - 2024

4 insegnamenti buddisti per gestire l’ansia e lo stress

 

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Il nostro benessere psicologico può trarre grandi benefici dalla filosofia buddista. La vita moderna ci intrappola in una corsa contro il tempo e ci investe di un carico eccessivo di responsabilità. Su questo eccesso di competizione e velocità prosperano ansia e stress, dei meccanismi neurologici che in condizioni normali ci permettono di superare efficacemente le difficoltà che la vita ci pone di fronte, ma che quando diventano costanti possono dare luogo a disturbi psicofisici.

Un carico eccessivo di ansia e stress può causare aumento del ritmo cardiaco, tensioni e dolori muscolari, disfunzioni della sfera sessuale, depressione e insonnia. Quest’ultima è particolarmente pericolosa perché il riposo è indispensabile per la manutenzione del cervello. Inoltre, la frenesia della vita moderna ci impedisce di assaporare il presente e di essere attenti a sé e agli altri.

Il buddismo ci offre un’occasione per cambiare marcia. Tutto ruota intorno ad alcuni precetti che ci permettono di migliorare la qualità della vita e gestire lo stress in maniera ottimale senza medicine. Ecco allora i 4 consigli buddisti per gestire l’ansia e lo stress.

1. La liberazione dei problemi dipende da te, non dagli altri

I precetti buddisti ci insegnano che dobbiamo assumerci la responsabilità di tutto ciò che sperimentiamo, sia esso positivo o negativo, e che non possiamo dare la colpa agli altri, alla sfortuna o agli eventi dei nostri problemi. Scaricare la colpa sugli altri significa non avere le redini della propria vita e non avere il potere di cambiare una situazione spiacevole.

Qualunque cosa accada, chi tende ad attribuire all’esterno la causa dei propri problemi ne parlerà come se la responsabilità non fosse mai sua e come se la ricerca di soluzioni non lo riguardasse. Accusare gli altri, la vita e il mondo in generale, e non riconoscere le proprie responsabilità provoca uno stato di ansia e frustrazione che nasce dall’idea che nessuno possa o voglia aiutarci e che tutti in fondo se ne freghino dei nostri problemi.



Uno dei principi su cui si basa la dottrina buddista è che da soli creiamo la nostra sofferenza e felicità. Conseguenza di questo principio è che la nostra liberazione o illuminazione dipende solo da noi stessi. Quindi, invece che sperare in un salvatore che venga a liberarti da tutti i tuoi mali, tira fuori il potenziale che esiste da sempre dentro di te. Solo riformando il mondo interiore, potrai cambiare quello esterno. Liberati da quel meccanismo di difesa che ti porta a dare la colpa di tutto agli altri e realizza il vero processo generativo di ciò che ti affligge: solo così imparerai ad agire in modo consapevole e potrai mettere fine all’ansia e ai tuoi problemi.

2. La felicità è nel qui e ora

Dal buddismo emerge l’insegnamento del qui e ora, che significa tenere la mente ferma al momento presente perché è l’unica dimensione che ci appartiene. In altre parole, dobbiamo vivere il presente con la massima pienezza e con la massima consapevolezza di ogni più piccola sensazione interiore, senza coprire ciò che accade con pensieri razionalizzanti. Questo concetto viene espresso anche con il detto “Se mangi, mangia. Se cammini, cammina. Se dormi, dormi”: qualunque cosa stai facendo sii consapevole della posizione del corpo e di ogni minima percezione.

Lo scopo del qui e ora è di impedire che la mente fugga nei ricordi, lasciando che il passato estenda la sua ombra di sofferenza sul presente, o che anticipi il futuro, rovinando il momento attuale con l’ansia che tutto influenzerà il domani. Riuscire a rimanere nel momento presente è la soluzione per mettere fine al disagio.



La chiave della felicità è vivere nel presente, abbandonando ogni ricordo precedente e ogni aspettativa futura e limitandosi a registrare ogni più piccola emozione e sensazione provata in questo preciso istante. Più ti cali in ciò che accade nel presente e ne sei consapevoli, senza porlo al vaglio del giudizio razionale, più sei in grado di tenere sotto controllo la mente e di tenere alla larga la paura, lo stress e l’ansia.

3. Pratica il non attaccamento

Secondo la filosofia buddista, l’attaccamento alle cose o alle persone limita la propria libertà ed è la causa principale della sofferenza. Essere ossessionati dal mondo sensoriale provoca una dipendenza emotiva che nega la possibilità di comprendere la realtà della propria mente.

Non importa quanti oggetti materiali possediamo, il nostro desiderio non sarà mai soddisfatto. Costruire legami di dipendenza con le persone fa vivere nella paura di perderle e di rimanere da soli, crea ansia da abbandono, bisogno di controllo e sofferenza. In situazioni del genere è impossibile provare gioia, in quanto essa proviene dalla mente e non dai fenomeni esteriori.



L’attaccamento è un’attitudine mentale che genera frustrazione e disturba la pace mentale. L’unico modo per superare questa illusione è sviluppare comprensione della propria mente attraverso l’introspezione. Ciò non significa che per essere felici devi disfarti di tutti i beni e legami affettivi. Non sono le persone o gli oggetti materiali in sé a creare sofferenza e inquietudine, bensì l’attaccamento ossessivo ad essi: è questo che rende ansiosistressati e privi di pace mentale.

4. Impara dagli errori

La dottrina buddista insegna che ogni azione compiuta emana un certo karma (principio causa-effetto). Se ci comportiamo in modo corretto, mossi da fini benefici e altruistici, attireremo un karma positivo, se invece le nostre azioni sono dannose o egoistiche, sprigioneremo un karma negativo. Nel buddismo è possibile rimediare ai propri errori ma non esiste il senso di colpa. Darsi addosso per gli sbagli commessi non ha alcun senso perché non si viene puniti per i propri errori, ma dai propri errori. Ciò che si manifesta nel presente è il risultato degli errori del passato.



Quindi, rimediare ai propri errori equivale a cercare di non ricadere negli sbagli già commessi, ponendo nel presente le giuste cause che garantiscano l’afflusso di karma positivo, rendendo possibile nel futuro il cambiamento della situazione attuale.

Sbagliando si impara. Questo proverbio che tutti conosciamo ci insegna che gli errori sono inevitabili, ma bisogna imparare a trarre insegnamento da essi e a non commetterli più. Eppure sembra che al giorno d’oggi molte persone abbiano perso la facoltà di imparare dagli errori e continuino a riproporli, nella speranza che qualcosa possa cambiare. Se ti sembra che stai per ripetere un errore già commesso in passato, tieni presente la definizione di follia di Einstein: “Follia è fare la stessa cosa aspettandosi risultati diversi.” Prenditi del tempo per riflettere e cerca un altro modo per affrontare la situazione.

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