La Coldiretti non ha peli sulla lingua e attacca i produttori alimentari. Ecco la lista che rivelata dei cibi che secondo il presidente Roberto Montecalvo, ci faranno morire avvelenati
Non usa mezzi termini Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti. Nella sua intervista a Libero, Moncalvo attacca l’Europa e i paesi del Nord Europa, troppo attenta ai prezzi bassi che alla qualità dei cibi che mangiamo.
“La differenza tra una fiorentina e una bistecca texana – afferma – come quella tra il nostro olio extravergine e una margarina confezionata da qualche multinazionale nordica, può essere la stessa che passa tra la vita e la morte“.
Conosciamo i cibi che ci avvelenano
Moncalvo, intervistato da Pietro Senaldi, dopo la sua dura affermazione, ci spiega i motivi che lo hanno spinto a dire ciò pertanto dice: “Il primo nemico ce l’abbiamo in casa, è la Ue, che sacrifica l’ agricoltura utilizzandola come merce di scambio per privilegiare altri settori negli accordi internazionali”. Per la precisione, Bruxelles preferisce privilegiare “esportazione in settori considerati chiave come la farmaceutica e il comparto metalmeccanico abbiamo aumentato la quantità di prodotti ortofrutticoli importabili senza dazi da Paesi che utilizzano pesticidi che l’Italia ha messo fuori legge da decenni perché cancerogeni“.
Importazione di cibi: facciamo attenzione
Che Italia porti nel nostro paese prodotti alimentari esteri lo si sapeva da tempo.“L’ olio tunisino, le fragole e i pomodori marocchini, i carciofi e le zucchine egiziani – elenca Moncalvo – Abbiamo fatto accordi commerciali sulla pelle dei cittadini, che sul banco si trovano prodotti a basso costo perché avvelenati e ottenuti con uno sfruttamento del lavoro al limite della schiavitù. Ma attenti anche al grano che arriva dal Canada: lì hanno poco sole e lo fanno seccare con il glifosate, che è cancerogeno“.
Molto spesso accade che i cibi prodotti in Italia vengano etichettati come poco salutari mentre, quelli importati, vengono definiti di qualità. Un assurdità insomma!
”Sei multinazionali americane – spiega il presidente della Coldiretti – stanno promuovendo in Europa un sistema di etichettatura nutrizionale a semaforo, fuorviante e discriminatorio, per sconsigliare l’ acquisto di prodotti naturali a vantaggio di cibo preconfezionato. L’Inghilterra impone a ogni prodotto un’ etichetta, verde, gialla o rossa a seconda di quanto faccia bene o male. Risultato? Il nostro prosciutto di Parma e le forme di Reggiano hanno il bollino rosso mentre la Diet Coke ha quello verde e l’ export italiano di olio di oliva verso la Gran Bretagna è calato del 12% in un anno“.
La soluzione ad una situazione di questo tipo sarebbe “di introdurre l’obbligo di indicare l’ origine dei prodotti, il che ci agevolerebbe molto, visto che in tutto il mondo si sa che il cibo italiano è il più sano oltre che il più buono, e darebbe un’ informazione onesta al consumatore”. Ma ciò non accade purtroppo. “L’Ue dorme”, dice Moncalvo. “Come nell’ accordo Ceta con il Canada, che toglie valore alla stragrande maggioranza dei nostri prodotti Dop, costringendo i nostri prodotti tipici a convivere sullo scaffale con le loro imitazioni, per cui per esempio uno può fare il prosciutto in Quebec e chiamarlo “San Daniele” o fare il formaggio in Arkansas e chiamarlo “Parmesan”.
Ecco quali cibi condannati
I cibi incriminati sono tanti. Tra questi i primi da citare sono quelli venduti a prezzi troppo bassi per essere credibili. “Dietro di essi – spiega Moncalvo a Libero –
Riso asiatico. alle conserve di pomodori cinesi, futta sudamericana e quella africana, fino ai fiori del Kenya.
I prodotti a basso costo sono spesso cibi trattati con pesticidi per farli maturare prima pertanto dannosi.
Bandiera nera anche per gli insaccati provenienti dalla Germania: esistono allevamenti dove convivono stipati anche 200mila maiali, ciascuno con mezzo metro quadrato a disposizione. Per evitare infezioni, li bombardano di farmaci e ormoni per farli crescere di più, sostanze che arrivano a noi quando mangiamo i wurstel e salumi che piacciono tanto agli italiani.
In Africa e Cina, la situazione fa paura: sono i paesi identificati come icone dell’ insicurezza alimentare a causa dell’uso di prodotti chimici vietati in Italia da decenni.