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Coronavirus, l’Inps precisa in una circolare: «La quarantena non sarà equiparata alla malattia»

Restare in quarantena obbligatoria, dovendo rinunciare a recarsi a lavoro, comporta una perdita di denaro dallo stipendio o i giorni di assenza saranno calcolati come malattia e pagati dall’INPS? Scopriamolo…

Quarantena e malattia: cosa dice l’INPS?

L’Inps precisa che la quarantena da coronavirus non corrisponde alla malattia. In caso di nuovi lockdown per emergenza epidemiologica da Covid 19, che di fatto impediscano alle persone di svolgere la propria attività lavorativa, l’isolamento domiciliare non sarà equiparato alla malattia. L’Istituto di previdenza precisa quali sono le condizioni per essere considerato in malattia con un messaggio nel quale ricorda che il riconoscimento si ha solo quando la quarantena è decisa da un operatore di sanità pubblica, (come ad esempio nel caso di contatto stretto con soggetti positivi).

«In tutti i casi di ordinanze o provvedimenti di autorità amministrative che di fatto impediscano ai soggetti di svolgere la propria attività lavorativa – sottolinea l’Inps – non è possibile procedere con il riconoscimento della tutela della quarantena ai sensi del comma 1 dell’articolo 26 del decreto Cura Italia (quello che prevede l’equiparazione della quarantena con sorveglianza attiva alla malattia,ndr ), in quanto la stessa prevede un provvedimento dell’operatore di sanità pubblica». L’Inps spiega anche che la malattia non viene riconosciuta ai lavoratori fragili in smart working a meno di malattia conclamata.

«Per quanto riguarda i lavoratori fragili la quarantena e la sorveglianza precauzionale – si legge nel messaggio – non configurano un’incapacità temporanea al lavoro per una patologia in fase acuta tale da impedire in assoluto lo svolgimento dell’attività lavorativa, ma situazioni di rischio per il lavoratore e per la collettività che il legislatore ha inteso tutelare equiparando, ai fini del trattamento economico, tali fattispecie alla malattia. Non è possibile ricorrere alla tutela previdenziale della malattia nei casi in cui il lavoratore in quarantena o in sorveglianza precauzionale perché soggetto fragile continui a svolgere, sulla base degli accordi con il proprio datore di lavoro, l’attività lavorativa presso il proprio domicilio».

«L’accesso alla tutela per malattia – si legge – non può che provenire sempre da un procedimento eseguito dalle preposte autorità sanitarie italiane». Infine la malattia non viene riconosciuta se il lavoratore malato è in cassa integrazione o ha l’assegno dei fondi di solidarietà.

«Nel mese di settembre – chiarisce l’Istituto – i nuclei familiari che hanno beneficiato della prestazione senza soluzione di continuità fin dalla prima erogazione (aprile 2019) hanno ricevuto la diciottesima mensilità e pertanto la domanda è stata posta in stato “Terminata”. Tali nuclei potranno quindi (a partire dal mese di ottobre 2020) presentare la domanda di rinnovo di Rdc. In caso di rinnovo del beneficio deve essere accettata, a pena di decadenza, la prima offerta utile di lavoro congrua».