Una video consultazione tramite Skype con un medico del San Raffaele può arrivare a costare 90 euro e se le condizioni del paziente appaiono preoccupanti, si può prenotare una visita domiciliare del medico, acquistando il pacchetto “diagnostica domiciliare” (che comprende prelievo del sangue, radiografia toracica, misurazione della saturazione e referto finale) al costo di 450 euro: è il tariffario dell’ospedale San Raffaele di Milano per l’assistenza a domicilio dei positivi al Covid-19 e sta suscitando un’accesa polemica.
“Chi non può pagare può crepare, questa è la filosofia che domina nella nostra regione. Le Usca non funzionano? Nessun problema, ci pensano i privati” ha scritto su Facebook Vittorio Agnoletto, medico e responsabile dell’Osservatorio Coronavirus che insegna Globalizzazione e politiche della salute alla Statale di Milano, riportando l’esempio del San Raffaele come “il disastro della medicina territoriale è l’ennesimo regalo della Regione Lombardia ai privati, che infatti moltiplicano i profitti”.
Uno dei primi a criticare ciò che sta succedendo è stato il consigliere regionale del Pd Matteo Piloni: “Il pubblico arranca e il privato ingrassa, ma il vero problema è a monte. Il privato risponde a una mancanza inaccettabile, ovvero alle carenze dell’assistenza domiciliare – spiega – Regione Lombardia deve necessariamente potenziare la medicina territoriale, altrimenti la gente si sente abbandonata a casa e i possibili esiti sono due.
Chi può permetterselo ricorre al privato, accettando tariffe che a mio giudizio gridano vendetta, e chi non può si presenta nei Pronto soccorso, intasandoli ulteriormente”.
Piloni mette in evidenza che c’è una vera e propria mancanza delle Usca (Unità speciali di continuità assistenziale), che in Lombardia non sono sufficienti: “La Regione deve fare di più, reclutando neolaureati e specializzandi per garantire questo servizio, recuperando medici e lavorando sulla telemedicina – continua il consigliere regionale – Stiamo insistendo molto su questo, anche perché abbiamo di fronte almeno altri tre mesi molto difficili prima della primavera e questi interventi non sono più rimandabili. È già stato perso troppo tempo“.
Contro i costi dell’assistenza domiciliare offerta dal San Raffaele si è scagliato sui social anche Attilio Galmozzi, medico dell’ospedale di Crema: “Il business sul Covid no, vi prego – ha scritto in un post che è stato condiviso decine di volte – Risparmiate almeno quello”, definendo poi il tariffario dell’ospedale milanese “un indecoroso affronto”.
La replica alle critiche è arrivata con una nota in cui si spiega che “il servizio di telemedicina dell’Irccs Ospedale San Raffaele è stato implementato ben prima dell’emergenza sanitaria per Covid-19 e nasce con l’obiettivo di portare l’ospedale a casa dei pazienti”.
Il servizio, “che mette a disposizione specialisti per 43 specialità cliniche”, lo scorso ottobre è stato esteso anche all’emergenza Covid. In sostanza, si legge ancora nella nota, “con un costo inferiore rispetto a una normale visita a pagamento in ospedale, il paziente può richiedere una video visita con un medico specialista in Covid e in base alla valutazione, se lo ritiene, richiedere al proprio domicilio l’esecuzione degli esami diagnostici. Poi, se le sue condizioni necessitano un approfondimento clinico, il paziente viene indirizzato all’ambulatorio pauci sintomatici con il Servizio Sanitario Nazionale. Se invece il paziente è ritenuto in condizioni severe si avvisa il servizio 118. Nato come servizio dedicato inizialmente all’attività di solvenza, oggi la telemedicina è in fase di test per quanto riguarda l’integrazione con il Servizio Sanitario Nazionale”.