Caffè che sa di benzina o la carne fresca che sembra essere andata a male. Una percentuale di chi guarisce dal Covid o da chi ha l’infezione in corso, perde una parte dell’olfatto.
Sia prima che dopo l’infezione da Covid, diversi pazienti hanno riferito di aver avuto olfatto e gusto alterato. Entro un mese la metà recupera del tutto, dieci su cento non migliorano.
È uno dei sintomi più diffusi e più persistenti dell’infezione da SARS-CoV-2. La scomparsa del senso del gusto e dell’olfatto riguarda un numero consistente di persone colpite da Covid-19, ma nella gran parte dei casi la situazione ritorna nella normalità o almeno migliora nell’arco di un mese. Lo rileva una ricerca italiana che valutato questo deficit sensoriale in 200 pazienti.
Dai dati dello studio veneto, pubblicati sul Journal of the American Medical Association, entro un mese la metà dei pazienti ha recuperato completamente la sensibilità corretta e il 40% ha visto miglioramenti. Nonostante ciò, anosmia e ageusia sono rimasti i sintomi più riferiti dai pazienti a 4 settimane dalla diagnosi dell’infezione. Inoltre, per una minoranza pari a dieci su cento, le difficoltà sono restate invariate oppure sono peggiorate. Cosa significa?
C’è da studiarci su, naturalmente. Ma gli autori (prima firma il professor Paolo Boscolo-Rizzo del Dipartimento di Otorinolaringoiatria dell’Università di Padova) hanno specificato che non c’è un nesso fra il perdurare del deficit sensoriale e la persistenza dell’infezione, ovvero non è detto che chi continua a non sentire gli odori e i sapori sia esposto a una forma più duratura di infezione. C’è invece un nesso fra l’intensità del sintomo e la sua durata: i pazienti vittime delle forme più severe di anosmia hanno avuto meno probabilità di recuperare l’olfatto entro 4 settimane. «Probabilmente per un danno più severo al neuroepitelio olfattivo», il tessuto che custodisce i recettori che ci consentono di sentire profumi e odori.