L’Aifa ha già da tempo approvato il farmaco Keytruda (pembrolizumab) come “farmaco di prima linea”, che permette di sciogliere il tumore al polmone, anche quelli inoperabili, un tempo trattati esclusivamente con chemio.
L’AIMAC (associazione italiana malati di cancro) ci spiega come agisce questo farmaco.
Il pembrolizumab, comunemente noto con il nome commerciale di Keytruda, è una sostanza che appartiene alla classe di farmaci antitumorali che prendono il nome di anticorpi monoclonali.
KEYTRUDA in monoterapia è indicato nel trattamento di prima linea del carcinoma polmonare non a piccole cellule.
In condizioni normali, le cellule tumorali mutate sarebbero attaccate dal sistema immunitario, che le riconoscerebbe come estranee all’organismo. L’espressione della proteina PD-L1(ligando della proteina PD-1) sulla superficie delle cellule tumorali consente ai tumori di sfuggire all’identificazione e al successivo attacco del sistema immunitario, e quindi di continuare a crescere e proliferare.
Il principio attivo è in grado di stimolare il sistema immunitario dell’organismo ad aggredire le cellule neoplastiche e può anche indurre queste ultime ad autodistruggersi, oppure blocca il recettore impedendogli di legarsi ad una proteina diversa che stimola la crescita delle cellule neoplastiche.
Di conseguenza, non solo le cellule tumorali non sono più in grado di crescere e di prolificare, ma non si possono formare nuovi vasi sanguigni che alimentano il tumore. Venendo in questo modo a mancare l’apporto di ossigeno e di nutrienti, il tumore ‘si affama’, e di conseguenza si restringe o quanto meno smette di crescere.
Il pembrolizumab si somministra per infusione in vena (somministrazione goccia a goccia) attraverso una cannula (un tubicino sottile che viene introdotto nella vena del braccio o della mano), per circa 30 minuti ogni tre settimane, per circa sei mesi.
Un primo importantissimo passo verso il futuro prossimo, che vedrà “l’immuno-oncologia” sostituire finalmente la classica chemioterapia.
E’ inoltre in grado di risvegliare le difese personali, ovvero riattivare il sistema immunitario bloccato dal tumore,in modo da riconoscere le cellule maligne convincendole ad autodistruggersi, suicidarsi.
Per valutare se il farmaco stia dando ottimi risultati, sono stati fatti numerose indagini e studi. Il più importante fin ora è quello pubblicato Lancet Oncology: sono stati presi in esame 300 pazienti con tumore polmonare in fase molto avanzata, dimostrando che dopo oltre un anno il 70% dei malati dichiarati incurabili, trattati con l’anticorpo monoclonale, era vivo ed in buone condizioni, rispetto a circa il 40% di quelli trattati con la sola chemioterapia.
Al momento è in atto una sperimentazione su altri tipi istologici di neoplasia polmonare, ed anche sui carcinomi maligni di altri organi, come quelli del colon e del pancreas, sperando che si possano ottenere simili risultati.