Molte le persone che quotidianamente si rivolgono al pronto soccorso per problemi di media ed elevata entità e quasi tutti lamentano interminabili file all’accettazione, raggruppati in codici di priorità dal triage.
Pazienti seduti su barelle, sedie, impauriti e spazientiti.
Purtroppo in talune occasioni l’unica alternativa sarebbe rivolgersi agli studi privati, non tanto per paura che il problema procuri danni irreversibili, quanto per far valere i propri diritti di “assistito”.
Se vogliamo smettere di lamentarci dell’inefficienza della sanità pubblica, dobbiamo imparare a conoscere i nostri diritti e doveri. Scopriamo insieme i diversi casi e come comportarci.
La procedura detta TRIAGE consiste nell’accoglienza e nell’assegnazione di un codice o di un colore che indica la gravità del malessere. Il codice rosso rappresenta il più grave, seguito dal giallo di media entità e poi il verde e il bianco.
Il punto principale è che non sempre il paziente riceve la giusta assegnazione del colore relativa alla gravità e la sua attesa si prolunga più del dovuto. Secondo quanto riporta la Cassazione, se gli addetti al triage sbagliano o sottovalutano i sintomi del malato dando un codice di emergenza sbagliato, saranno costretti a risarcire il danno in termine economici.
Da un po’ di mesi alcuni ospedali hanno adottato una piacevole novità tecnologica: esiste, infatti, un app che dà la possibilità di consultare on – line il sito dell’ospedale e costatare in anticipo quante persone sono in fila al pronto soccorso in modo da aver la possibilità di scegliere se attendere lì. La regione Veneto ha aderito a questa iniziativa.
Esiste un metodo abbastanza efficace per saltare le liste d’attesa anche quando l’ASL non garantisca il diritto alla prestazione pagando il ticket.
Se il paziente per problemi abbastanza gravi ha necessità di rivolgersi a enti privati per curarsi, in condizione di gravità, può richiedere il rimborso al servizio sanitario nazionale.
Molti non sono a conoscenza di una cosa molto importante: gli ospedali danno la possibilità di chiedere una visita specialistica o un esame diagnostico in regime privato ma nella struttura stessa, pagando una tariffa che non è il ticket ma che ha un costo davvero basso e irrisorio. La visita specialistica sarà eseguita dal personale medico al di fuori dell’orario di lavoro e verrà rilasciata regolare fattura. Questa richiesta può essere fatta se l’ospedale non può garantire una visita specialistica entro 30 giorni oppure esami diagnostici entro 60. Tale metodologia chiamata “intramoenia” serve per accelerare la diagnosi quando purtroppo la lista d’attesa è lunga e inaccessibile.
Se pertanto l’addetto allo sportello prenotazioni vi dirà che non c’è possibilità di visita specialistica immediata, potete far richiesta, per diritto a ricevere la medesima prestazione privatamente, pagando una piccola tariffa, in ambito ospedaliero e dallo stesso personale medico.
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