Arriva un appello dall’ordine dei medici italiani che chiedono al Governo misure di restrizioni per tutti e in tempi rapidi.
L’Ordine dei medici lancia l’allarme dopo la pubblicazione dei dati sui ricoveri in ospedale e nelle terapie intensive: «Serve un lockdown totale, in tutto il Paese». A chiederlo, dunque, alla luce dei dati, soprattutto quelli sui ricoveri in ospedale e nelle terapie intensive, è il Presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici (Fnomceo), Filippo Anelli, dalla pagina facebook della stessa Federazione.
Attualmente sono tantissime le città che necessitano di supporto perchè sono saturi di pazienti. File di ambulanze e pazienti invadono il pronto soccorso da nord a sud.
Anche il Piemonte vive lo stesso incubo: «Le Ong dirottino qui il personale». In Puglia la sanità «è al collasso». Anche in Toscana a Pisa ospedali pieni. E da Palermo si alza la voce del sindaco Leoluca Orlando: «A Palermo e in tutta la Sicilia c’è il rischio che si vada verso una strage annunciata».
Reparti sempre più in crisi, carenza di personale medico, situazione drammatica.
Una situazione che richiede un intervento tempestivo: il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici (Fnomceo), Filippo Anelli, chiede un «lockdown totale, in tutto il Paese» alla luce dei dati, soprattutto quelli sui ricoveri in ospedale e nelle terapie intensive. «Considerando i dati di questa settimana come andamento-tipo e se li proiettiamo senza prevedere ulteriori incrementi, la situazione fra un mese sarà drammatica e quindi bisogna ricorrere subito ad una chiusura totale. O blocchiamo il virus o sarà lui a bloccarci perchè i segnali ci dicono che il sistema non tiene ed anche le regioni ora gialle presto si troveranno nelle stesse condizioni delle aree più colpite», dice Anelli. E sottolinea: «Con la media attuale, in un mese arriveremmo ad ulteriori 10mila decessi».
Solo un lockdown, ha detto il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, «può impedire alla gente di uscire». I pronto soccorso e l’emergenza «sono in crisi perché alla catena manca la medicina territoriale. Oggi ci sono a Napoli 12 medici in servizio al 118 e 40 nella guardia medica. Che stanno facendo? Avevo chiesto di incorporarli anche solo per organizzare le visite a domicilio dei codici bianchi, ma dicono che il loro contratto non lo prevede», dice Giuseppe Galano, responsabile del 118 a Napoli e coordinatore della rete regionale di emergenza. Dietro alla pressione su pronto soccorso, reparti di medicina interna e personale sanitario c’è un «oggettivo incremento» dei casi.
«La situazione è pesante per chi è in prima linea. Una pesantezza oggettiva di una struttura che ancora sta reggendo come operatività ma che teme di non farcela», dice il virologo all’Università di Milano, Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute e direttore Sanitario dell’Irccs Galeazzi di Milano, Fabrizio Pregliasco, interpellato sul caos ospedali con lunghe code dinanzi ai pronto soccorso e reparti verso la saturazione. «Poi c’è anche la componente panico che va a peggiorare le cose», afferma Pregliasco sottolineando «l’esigenza di individuare modalità di risposta».
Ieri a lanciare l’allarme era stata la Federazione delle Associazioni Dirigenti Ospedalieri Internisti (Fadoi), la principale Società scientifica della Medicina Interna che conta oltre 3.000 medici internisti in tutta Italia con un quadro che di quasi totalità degli ospedali italiani con un’occupazione di posti letto che supera il 100% e senza posti liberi nella gran parte degli ospedali considerando pazienti fuori reparto, pazienti Covid e pazienti con altre patologie. Mentre la Società Italiana Sistema 118 parla di paralisi della presa in carico dei pazienti da parte degli ospedali con un disservizio per il sistema ambulanze.
Solo un lockdown, ha detto il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, «può impedire alla gente di uscire». I pronto soccorso e l’emergenza «sono in crisi perché alla catena manca la medicina territoriale. Oggi ci sono a Napoli 12 medici in servizio al 118 e 40 nella guardia medica. Che stanno facendo? Avevo chiesto di incorporarli anche solo per organizzare le visite a domicilio dei codici bianchi, ma dicono che il loro contratto non lo prevede», dice Giuseppe Galano, responsabile del 118 a Napoli e coordinatore della rete regionale di emergenza.
Dietro alla pressione su pronto soccorso, reparti di medicina interna e personale sanitario c’è un «oggettivo incremento» dei casi. «La situazione è pesante per chi è in prima linea. Una pesantezza oggettiva di una struttura che ancora sta reggendo come operatività ma che teme di non farcela», dice il virologo all’Università di Milano, Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute e direttore Sanitario dell’Irccs Galeazzi di Milano, Fabrizio Pregliasco, interpellato sul caos ospedali con lunghe code dinanzi ai pronto soccorso e reparti verso la saturazione. «Poi c’è anche la componente panico che va a peggiorare le cose», afferma Pregliasco sottolineando «l’esigenza di individuare modalità di risposta».
«Temo che le misure adottate in Puglia siano insufficienti a scongiurare il collasso del sistema sanitario»: lo afferma il presidente della Fnomceo Filippo Anelli, che è anche presidente dell’Ordine dei medici di Bari. «Il lockdown ‘soft’ della zona arancione – evidenzia – dispiegherà i suoi effetti tra 20 giorni, quando rischia di essere ormai troppo tardi. Anche considerando che il trend di crescita rimanga costante e non abbia un andamento esponenziale, all’Immacolata rischiamo di avere 400 morti e la saturazione dei posti letto Covid che la Puglia ha a disposizione».
«Se questo andamento non rallenta – sottolinea Anelli – nel giro di 30 giorni avremo oltre 22mila positivi e 1876 posti letto, dei 2000 ad oggi previsti per i malati Covid, occupati». «Se dovessimo arrivare a gennaio con questi ritmi di crescita – precisa – con l’arrivo dell’influenza stagionale il sistema andrà in tilt e non saremo più in grado di assistere né i pazienti Covid, né tutti gli altri. Le file di ambulanze dei giorni scorsi a Foggia ed Acquaviva e ieri le difficoltà al Di Venere sono la spia di un sistema che già oggi fa fatica a rispondere alle richieste di ricovero».
«Su un altro fronte – conclude Anelli – situazioni di assembramento come quelle che si sono viste ieri in Via Sparano a Bari indicano che esiste un difetto di comunicazione. I cittadini non hanno compreso che non bisogna uscire di casa. Il virus infatti si diffonde solo dall’incontro tra le persone».