L’Istituto Superiore di Sanità ha diffuso il protocollo elaborato per le terapie intensive, utile per i medici anestesisti, che dovranno tenere in considerazione nel caso in cui venissero meno i mezzi, le risorse o i posti.
Il documento si intitola ‘Decisioni per le cure intensive in caso di sproporzione tra necessità assistenziali e risorse disponibili in corso di pandemia da Covid-19’.
Decidere chi salvare
Sarà dato ai medici il compito di decidere chi salvare e a quali paziente è opportuno dare precedenza.
Il documento, di cui dà conto ‘il Messaggero’, si intitola ‘Decisioni per le cure intensive in caso di sproporzione tra necessità assistenziali e risorse disponibili in corso di pandemia da Covid-19′. Questo protocollo pubblicato dall’Iss, rivolto prevalentemente agli anestesisti, serve dunque a fornire linee guida sulla priorità da dare in terapia intensiva, nei casi in cui questi reparti vadano in sofferenza.
La stesura del documento è stata affidata alla Società italiana di anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva e alla Società italiana di medicina legale e delle assicurazioni: avrebbe la priorità a essere assistito colui che ha maggiori speranze di sopravvivere.
Come spiegato dai medici che lavorano nel reparto di terapia intensiva, che costantemente devono fare i conti con una valanga di pazienti che giungono al pronto soccorso, spesso i mezzi a disposizione non sono sufficienti per garantire a tutti un posto e dei mezzi.
Saranno pertanto garantiti i diritti del malato, che deve essere preso in carico con “gli strumenti possibili”.
Nel documento pertanto è ben chiarito che i medici del triage dovranno basarsi su parametri clinico-prognostici definiti, piuttosto che osservare un criterio cronologico (ordine di arrivo dei pazienti) o casuale (sorteggio) per il ricovero dei pazienti. Il triage scatta per tutti i pazienti con necessità di cure intensive, a prescindere dalla condizione clinica che determina tale necessità.
Si legge nel testo pubblicato sul sito del Sistema nazionale linee guida dell’Istituto superiore di sanità: “Nel caso di una completa saturazione tale da determinare l’impossibilità di garantire le cure intensive a tutti i pazienti per i quali si pone l’indicazione clinica a tali trattamenti, sarà necessario ricorrere a criteri di priorità, criteri la cui applicazione non può comunque comportare deroghe ai principi di cui sopra, né far venire meno l’esigenza di appropriatezza delle cure a causa della situazione straordinaria”.
Punto fondamentale è sempre il rispetto dei diritti del malato: “Anche in presenza di una straordinaria sproporzione tra necessità e offerta di assistenza, quale quella determinata dalla pandemia da COVID-19, deve essere assicurato il primario e fondamentale diritto alla salute, quale ambito individuale della dignità umana, senza deroghe a principi etici e di giustizia e, quindi, nel rispetto del criterio universalistico ed egualitario dell’accesso alle cure“.
Da ciò deriva che devono sempre essere rispettati i seguenti principi: principio di uguaglianza, il principio di solidarietà sociale, e il principio di autodeterminazione.
Come si valuta la priorità dei pazienti in terapia intensiva
Per ogni persona bisognosa di cure bisogna considerare questi elementi:
-numero e tipo di patologie
-stato funzionale pregresso e fragilità
-gravità del quadro clinico attuale presumibile impatto dei trattamenti intensivi, anche in considerazione dell’età del/la paziente
-La volontà del/la paziente riguardo alle cure intensive dovrebbe essere indagata prima possibile nella fase iniziale del triage.
-L’età deve essere considerata nel contesto globale del quadro clinico del paziente.
A proposito di quest’ultimo punto si legge nel testo: “L’età non è di per sé un criterio sufficiente per stabilire quali pazienti possono maggiormente beneficiare delle cure intensive e pertanto non è possibile farvi ricorso in fase di triage stabilendo dei cut-off (soglie di età)”.
-In caso di incapacità del paziente deve essere verificata con attenzione dai medici l’eventuale esistenza di volontà precedentemente espresse, attraverso le disposizioni anticipate di trattamento o una pianificazione condivisa delle cure.
Inoltre, per ogni paziente, andrà valutata la sua condizione quotidianamente, attraverso una rivalutazione della sussistenza dell’indicazione clinica, degli obiettivi di cura e della proporzionalità.
E per i pazienti per i quali non sia possibile prevedere un percorso di cura intensivo devono essere previsti trattamenti di minore intensità. Nel caso in cui un paziente non risponda al trattamento, “la decisione di interrompere le cure intensive (desistenza dai trattamenti futili) e di rimodularle verso le cure palliative non deve essere posticipata”, perché l’appropriatezza e la proporzionalità delle cure sono il presupposto etico e professionale di qualsiasi trattamento.
In ogni caso la decisione di limitare le cure intensive, in fase di triage o successivamente se le condizioni cliniche del malato dovessero aggravarsi, non deve mai essere affidata a un solo medico. La decisione di desistenza da trattamenti futili deve essere assunta e condivisa da tutta l’équipe medico-infermieristica.